Pallade Veneta - La laguna veneta invasa da predatori invisibili

La laguna veneta invasa da predatori invisibili


La laguna veneta invasa da predatori invisibili
La laguna veneta invasa da predatori invisibili

Sono minuscoli animali che divorano le larve dei pesci

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E' arrivata dal 2014, prima del granchio blu e complice il caldo, l'ondata di predatori invisibili che sta danneggiando la pesca nella laguna veneta. Sono piccoli animali trasparenti, gelatinosi e lunghi pochi centimetri della specie Mnemiopsis leidyi, più noti come 'noci di mare' A ricostruire la storia della loro invasione e a dimostrare il legame con il calo del pescato nella laguna è la ricerca pubblicata sulla rivista Hydrobiologia, coordinata dal dipartimento di Biologia dell'Università di Padova e condotta in collaborazione con l'istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste. Lo studio indica come la presenza della noce di mare sia aumentata a partire dal 2014 sia per l'aumento della temperatura delle acque e dimostra l'impatto negativo di questa specie sulla piccola pesca tradizionale lagunare svolta coi cogolli. Intasa infatti le reti e inoltre divora plancton e larve di specie pregiate per la pesca. Il progetto di ricerca è nato proprio su segnalazione dei pescatori: "sono stati loro i primi a vedere l'intruso in Laguna e a subirne le conseguenze", osserva Filippo Piccardi, primo autore della ricerca e dottorando all'Università di Padova. "Lo studio - aggiunge - è il primo esempio di quantificazione dell'impatto che una specie invasiva ha avuto e sta purtroppo tuttora avendo sulla piccola pesca lagunare. Non c'è solo il granchio blu e il rischio di queste invasioni biologiche è quello della perdita totale di una tradizione di pesca lagunare quasi millenaria che utilizza attrezzi estremamente sostenibili". Per il coordinatore della ricerca, Alberto Barausse, "specie invasive come noce di mare e granchio blu sono una tragedia ambientale e sociale che va affrontata cercando strategie di mitigazione e adattamento sostenibili, che rispettino cioè anche gli ecosistemi locali i quali, come mostra chiaramente la ricerca, con la loro capacità di autoregolarsi nel lungo periodo sono la nostra principale protezione contro le specie invasive".

A.Fallone--PV