Nuova cura tumore al polmone non fumatori, 2 su 3 vivi a 5 anni
Gli autori dello studio: "Risultati che non hanno precedenti"
Nuova speranza per i pazienti affetti da tumore al polmone non a piccole cellule con mutazione del gene Alk: lorlatinib, un particolare farmaco inibitore della tirosin-chinasi, ha fatto registrare, rispetto al trattamento alternativo, una riduzione del rischio di progressione o di morte dell'81%, con quasi due terzi dei casi, il 60%, sopravvissuti per cinque anni senza progressione della malattia. I risultati dello studio clinico di fase 3 Crown di Pfizer, annunciati a New York il 31 maggio 2024 al congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), sono chiari. Con lorlatinib, una percentuale senza precedenti di pazienti rimane in vita senza progressione della malattia dopo cinque anni: il 60%, contro l'8% raggiunto in coloro trattati con crizotinib. Una riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte dell'81%. Ridotto il rischio di sviluppare una progressione intracranica pari al 94%. Lo studio è stato condotto tra l'11 maggio 2017 e il 28 febbraio 2019 in 23 Paesi in tutto il mondo: 296 pazienti maggiorenni sono stati assegnati casualmente al gruppo lorlatinib (149) o crizotinib (147). Il tumore al polmone avanzato non a piccole cellule, o Nsclc (non-small cell lung cancer) è la forma più comune di carcinoma polmonare. Rappresenta l'85-90% dei casi, ma solo nel 3-5% di essi è presente la proteina di fusione Eml4-Alk. Questa rara mutazione (Nsclc avanzato Alk-positivo) colpisce soprattutto pazienti giovani, di età inferiore ai 55 anni di età, e non/deboli fumatori. Il processo tumorale è molto rapido, e circa il 25-40% può sviluppare metastasi cerebrali entro due anni dalla diagnosi iniziale. Le proteine tirosin-chinasi (Tki) sono enzimi che regolano diversi processi cellulari. Alcune mutazioni possono, influenzandone l'attività, portare a leucemia e altri tipi di cancro. Lorlatinib inibisce questo processo. "La molecola ha già ricevuto pubblicazioni nel 2020 e nel 2023, e ha già dimostrato di essere molto più efficace nel controllo della malattia rispetto a crizotinib, il riferimento di prima generazione", spiega Filippo de Marinis, direttore divisione di Oncologia toracica all'Istituto europeo di Oncologia (Ieo) di Milano, Presidente Aiot (Associazione italiana di oncologia toracica) e membro dello Steering committee Crown. "Il dato è decisamente importante rispetto al controllo dell'encefalo, sede dove le metastasi vanno abitualmente. A cinque anni anni il 92% dei pazienti non è ancora progredito a quel livello, rispetto al 20% pazienti trattati con crizotinib".
Y.Destro--PV