I primi materiali morbidi per produrre chip e batterie
Accumula energia e si integra con le fibre dei tessuti
Morbido come un gel, compatibile con l'ambiente e capace di accumulare energia: è il nuovo innovativo materiale sviluppato dai ricercatori dell'Università Northwestern che promette di realizzare semplici chip, sensori e microbatterie integrabili nei tessuti dei nostri vestiti oppure per scopi medici. Il nuovo materiale è stato presentato in uno studio pubblicato su Nature e guidato da Yang Yang e coordinato da Samuel Stupp. "Immaginiamo un futuro in cui potresti indossare una maglietta con l'aria condizionata incorporata o fare affidamento su impianti bioattivi morbidi che sembrano tessuti e vengono attivati in modalità wireless per migliorare la funzione cardiaca o cerebrale": sono alcune delle possibili applicazioni che secondo Stupp potrebbero presto essere possibili grazie a questi nuovi materiali. Da anni si punta a sviluppare queste tecnologie flessibili ed economiche che possano essere integrate nei nostri oggetti quotidiani, in particolare il vestiario, ma finora ci si era sempre scontrati con la rigidità dei materiali. La svolta potrebbe ora arrivare dall'elaborazione di alcuni speciali materiali noti già dagli anni '60 e usati finora in applicazioni nautiche, in particolare in alcuni sonar. Si tratta di una tipologia di materiale plastico, detto polivinilidene fluoruro o Pvdf, che ha le capacità sia di produrre una piccola scarica elettrica se schiacciato - la cosiddetta proprietà piezolettrica presente anche in alcune 'pietrine' negli accendini - e sia di essere ferromagnetico, ossia orientarsi assecondando un campo magnetico, così come fanno gran parte dei metalli. Modificandone alcune caratteristiche i ricercatori sono ora riusciti ad adattarlo per un'incredibile varietà di applicazioni. Le piccole molecole possono infatti essere integrate in fibre tessili e essere usate per accumulare energia, utile per alimentare dispositivi a bassa tensione, oppure essere essi stessi sensori elettronici oppure ancora semplici unità di elaborazione, una sorta di chip molto semplificati. Inoltre, aggiungono gli autori, la biocompatbilità del materiale permetterà di impiegarlo anche in ambiti medici.
A.Tucciarone--PV